Dalla buona idea al buon progetto

Dalla buona idea al buon progetto
#bandi #progettazione
Scopri come trasformare un’idea in un progetto concreto e sostenibile, seguendo i passaggi di pianificazione gestionale, economica e d’impatto.

Che differenza c’è tra una “buona idea” e un buon progetto? Potremmo iniziare dicendo che non tutte le buone idee si traducono in buoni progetti, ma certamente nessun buon progetto può prescindere da una buona idea.

Ma procediamo con ordine.

Quando si decide di partecipare ad una call o ad un bando, lo si fa nella convinzione di avere in mano l’idea giusta, magari conservata nel cassetto e a lungo accarezzata, in attesa di trovare i fondi necessari per la sua realizzazione. Nella maggior parte dei casi si dispone di una breve presentazione o di un documento programmatico, attraverso il quale l’idea è stata imbastita e fatta circolare all’interno dell’organizzazione e in una ristretta cerchia di partner che si desidera tirare a bordo. Solo quando ci si appresta a candidarla, viene finalmente tradotta in un vero e proprio documento progettuale, di solito sulla scorta delle richieste del form di candidatura.

Ed è proprio in questa fase che possono nascere i problemi.

Innanzitutto perché, in questo modo, trasferiamo la guida del processo dall’organizzazione ad un agente esterno. In secondo luogo, perché rischiamo di proporre la nostra iniziativa senza che abbia superato un’indispensabile fase di collaudo. La progettazione, infatti, prima ancora che un mezzo per la raccolta fondi, è un eccellente strumento per “mettere a terra” le buone idee. É un processo generativo, che raccoglie un’intuizione e la traduce in processi, risorse, budget, permettendoci di verificarne e garantirne la tenuta. 

Un buon processo di progettazione ci assicura infatti la messa a punto su almeno tre livelli essenziali:  

Gestionale. Scrivere un progetto implica lo sforzo di immaginare nel dettaglio la sua realizzazione. È necessario analizzare il processo che ci porterà da A (avvio del progetto) a B (chiusura del progetto e consegna dei risultati attesi), scomponendolo in azioni e decidendo fin da ora chi dovrà realizzarle, con quali tempistiche e risorse. Una volta definito il percorso ottimale, è necessario calarlo nella realtà della nostra organizzazione, confrontandoci molto onestamente con la nostra capacità di far fronte agli impegni previsti, nell’ambito del più ampio quadro della gestione ordinaria. Se sussistono incertezze, meglio agire con i necessari adattamenti, anche se questo comportasse ridimensionare la portata dei nostri obiettivi e delle nostre aspettative.

Economico. 60.000 euro sono tanti o sono pochi? Dipende. Per determinarlo è necessario costruire un budget che tenga in considerazione tutti costi, diretti ed indiretti, connessi alla realizzazione delle azioni programmate. È importante riferirsi il più possibile a costi reali, acquisendo le informazioni necessarie dagli interlocutori titolati (ufficio personale, fornitori, SIAE etc). 

Impatto. Si apre qui un ampio capitolo, che merita certamente una trattazione a parte. Mi limito quindi ad una raccomandazione generale: assicuriamoci che quanto stiamo programmando si inserisca coerentemente nel tracciato della nostra mission, producendo un beneficio reale e verificabile, nel rispetto di un buon equilibrio costi benefici. Innamorarsi dell’idea in quanto tale, anche la più bella, è sempre un rischio da scongiurare.

Se la nostra idea ha passato il vaglio di questo processo, ha tutte le carte in regola per essere un buon progetto, realizzabile dalla nostra organizzazione e quindi anche finanziabile. Perché quando un progetto é ben strutturato, accuratamente descritto, adeguatamente verificato nella sua sostenibilità complessiva, è anche appetibile per i potenziali sostenitori.

Dunque, non lasciamo ulteriormente la nostra buona idea a prendere polvere, è il momento giusto per aprire quel famoso cassetto e metterla alla prova!


Marta Gilardi

Esperta di progettazione sociale, grant writing e project management.