Strategie condivise per incrementare le grandi donazioni

Strategie condivise per incrementare le grandi donazioni
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All’evento “Fundraising per la cultura: strategie condivise per incrementare le grandi donazioni” organizzato dalla KBFUS e dalla Scuola di Fundraising di Roma, insieme all’esperienza della Metropolitan Opera di New York sono state condivise strategie e consigli per incrementare le grandi donazioni a favore delle organizzazioni culturali

Granter all’evento della Scuola di Fundraising di Roma

Lo scorso martedì abbiamo con piacere partecipato al webinar internazionale “Fundraising per la cultura: strategie condivise per incrementare le grandi donazioni”  promosso e offerto dalla King Baudouin Foundation United States (KBFUS) e dalla Scuola di Fundraising di Roma, con la partecipazione di Cory Toevs, Assistant General Manager & Development della Metropolitan Opera di New York City. Si è parlato di strategie di comunicazione e coinvolgimento dei grandi donatori, i cosiddetti Big Donors, per far crescere il proprio impegno nei confronti delle organizzazioni culturali.

America VS Europa, due scenari socio-culturali differenti

Prima di addentrarci nel riportarvi gli interessanti spunti di analisi e riflessione emersi durante l’incontro, è giusto fare una piccola premessa sulla differenza del ruolo della filantropia, istituzionale o privata, nelle strutture sociali Americane e Europee. Nel primo caso infatti questi giocano un ruolo fondamentale per tutte le organizzazioni non profit e soprattutto nell’ambito della cultura, andando in un certo senso a “sopperire” la distanza del sistema-governo, meno impegnato nelle politiche di welfare come invece è nella maggior parte degli stati Europei, Italia compresa.

I grandi donatori, risorsa preziosa per le organizzazioni

Cory Toevs ci ricorda nel suo intervento come sia essenziale e imprescindibile il ruolo dei grandi donatori per un’istituzione culturale: “the 10% of your donors will provide for the 90% of your total budget” (il 10% dei tuoi donatori provvederà per il 90% del tuo budget). Questa affermazione molto forte, che non vuole assolutamente screditare i piccoli e medi donatori, ben si legge inserendola nel tessuto statunitense nel quale si inserisce la Metropolitan Opera e considerando le differenze territoriali. Ma come mantenere, ingaggiare e stimolare i grandi donatori? Tre sono le parole d’ordine: chiarezza, condivisione e ordine.

Punto primo, la chiarezza

First things first, un’organizzazione culturale deve avere ben chiara e saper comunicare ai propri donatori la propria giving ladder, attraverso la quale trovare la giusta chiave di comunicazione per condividere con i donatori quali sono i vantaggi, i costi, le differenti membership disponibili per sostenere l’organizzazione, oltre che alle varie tipologie di donazioni attive: finanziamenti strutturali, sostegno a programmi specifici. Insomma, l’organizzazione deve avere prima di tutto ben chiaro quali sono le opzioni attive da poter proporre, tramite un coinvolgimento emotivo e funzionale, ai propri donatori.

Secondo, la condivisione

Condividere la vita dell’ente consente di conoscere meglio i propri donatori, le loro caratteristiche e le motivazioni che sorreggono la decisione di questi di sostenere proprio la vostra organizzazione. Cory Toevs sottolinea che è possibile identificare due motivazioni principali, almeno nell’esperienza della Metropolitan Opera, che spingono i grandi donatori a donare:

  • Un “tornaconto” personale: per rispondere alla loro voglia di godere di determinati privilegi e vantaggi legati alla loro donazione (eventi speciali, menzioni e visibilità, ecc.), alla loro voglia di socializzare e di appartenere a un gruppo, oppure alla loro necessità di stringere nuove connessioni lavorative.
  • Un “tornaconto” dell’organizzazione: per rispondere alla loro voglia di provvedere ai bisogni di un’istituzione che hanno a cuore, o per far piacere alla propria comunità.

Condividere, comunicare, conoscere i propri donatori apre innumerevoli opportunità per l’organizzazione, che a questo punto può andare oltre all’incontro/lettera/email/evento/qualsiasi altra forma di richiesta di una donazione annuale, e può trovare molte più occasioni per coinvolgere un grande donatore su più fronti: il sostegno a un progetto speciale a lui caro, una borsa di studio, un premio a suo nome, e così via.

Punto terzo, l’organizzazione

Mantenere i rapporti non è solo un’arte e una maestria, ma è una combinazione di studio, ricerca, tecnica e maestria. Conoscere bene i propri donatori passa anche nell’organizzare tutti i dati qualitativi e quantitativi che l’organizzazione è in grado di accumulare sui propri grandi donatori, per poi saperli processare. Cory Toevs, raccontandoci appunto dell’esperienza della Metropolitan Opera, ha parlato anche di un software CRM creato più di trent’anni fa appositamente per l’organizzazione, dove insieme ai suoi collaboratori riesce a gestire e incorporare i dati relativi all’acquisto di singoli biglietti, le grandi donazioni spot e quelle ricorrenti, la presenza o assenza a determinati eventi e quando è possibile anche la motivazione. Tutto questo per andare a supportare infine il coinvolgimento emotivo e funzionale dei grandi donatori.

E in Italia, a che punto siamo?

È stato Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della scuola di fundraising di Roma, esperto di processi partecipativi e sostenibilità di progetti sociali e culturali, che, a chiusura dell’intervento di Cory Toev, ha aperto la discussione al panorama italiano. Non con rammarico per testimoniare che in Italia, nella maggior parte dei casi, siamo ancora inadeguati a considerare un ruolo attivo per il donatore nell’ambito culturale, ma sottolineando una forte e positiva propensione degli italiani a sostenere la cultura. “Studi recenti hanno dimostrato infatti come il 40% degli italiano siano inclini a sostenere programmi culturali con una donazione annua media di 80€.”

Gli organizzatori dell’evento


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