Quali sono i principali ambiti su cui la fondazione è attiva e investe?
Fondazione Amplifon è nata nel gennaio del 2020 con una mission che ha che fare con l’inclusione sociale. Nasce per farsi carico di restituire valore alla società, supportando e sostenendo i soggetti particolarmente fragili nel realizzare una vita “piena”. Nello specifico ci siamo riferiti agli anziani, con il loro patrimonio di vita e di esperienza e con le loro fragilità, per restituire loro quel ruolo sociale essenziale che spetta di diritto e che arricchisce di prospettiva e di valori tutta la comunità. E poi ancora ai giovani, per tutto quello che coinvolge l’inserimento nel mondo del lavoro e la socialità, gli anziani e i disabili. Complice anche l’emergenza Covid-19, abbiamo stretto il focus sugli anziani.
Come mai avete scelto questi ambiti specifici?
Questi ambiti specifici sono stati scelti perché in linea con la strategia della Fondazione che infatti è nata con la mission di “dare forza e garantire l’inclusione a tutti coloro che rischiano di rimanere indietro, con attenzione particolare alle diverse fragilità, e agli anziani nelle loro comunità.” Inoltre la pandemia ha portato ancora più alla luce il problema presente e attuale, che coinvolge un numero di persone molto ampio.
Esperienza diretta
Quali sono gli elementi principali su cui ponete l’attenzione quando incontrate o entrate in contatto con il progetto di un ente?
La Fondazione lavora facendo uno studio di fattibilità e una due diligence sulla base della propria strategia, andando ad individuare potenziali partner, con i quali avviare e costruire progetti ad alto impatto sociale. Vi è quindi, da parte della fondazione uno screening iniziale anche molto severo, perché, fondando la nostra strategia di intervento in un’ottica di co-progettazione con l’ente, questo deve avere determinati requisiti. Riceviamo comunque anche molte richieste di collaborazione da enti, che valutiamo con attenzione. I progetti e gli enti che più suscitano il nostro interesse hanno queste caratteristiche:
- La problematica che intende risolvere il progetto è altamente rilevante per il territorio e coinvolge un ampio numero di beneficiari, oltre ad essere naturalmente fattibile.
- L’impatto concreto che questo ha nel contesto in cui s’inserisce. Per noi è fondamentale, agendo in un ambito sistemico, che l’intervento che andiamo a costruire con l’organizzazione possa essere misurabile, preciso, spiegabile e narrabile da parte della Fondazione.
- Infine ci piacciono progetti che abbiano al loro interno una componente forte di semplicità nonostante vadano poi a risolvere problemi complessi. Ci interessa poter comunicare e coinvolgere direttamente tutti gli stakeholders in modo da poter costruire una rete proattiva e consapevole attorno alla Fondazione.
Che caratteristiche hanno i progetti con cui siete felici di lavorare?
Ci piacciono i progetti che hanno una presa molto forte sulla realtà concreta. Per esempio l’ultimo progetto attivato dalla Fondazione si basa sull’utilizzo di una tecnologia relativamente nuova. Questa tecnologia è uno schermo di tele presenza che permette di far vivere l’esperienza della connessione anche agli anziani, portando questi schermi molto grandi e sofisticati all’interno delle RSA. Il progetto, oltre ad andare a risolvere il problema delle visite ai famigliari durante l’emergenza Covid-19, si è andato sempre più a sviluppare creando dei momenti di socialità per gli anziani all’interno della vita nella RSA. Si sono infatti avviati progetti di yoga leggero, piuttosto che di laboratori a distanza che permettono agli anziani di vivere una relazione anche con il mondo esterno che sia alla loro portata, che tenga presente le fragilità fisiche e mentali di questa fetta della popolazione: connessione ha acquistato così un significato di relazione.
Un progetto davvero innovativo perché porta il concetto di innovazione ad una categoria alla quale di solito non viene mai associata: gli anziani. Pensiamo che sia interessante parlarne con gli user che non sono tipicamente avvezzi a questo tipo di strumenti.
Quali sono i progetti con cui non avete piacere a lavorare e collaborare? (in termini di presentazione, elementi del progetto, relazione, ecc)?
Il beneficio dev’essere collettivo, quindi non accettiamo progetti che coinvolgano singoli beneficiari. Inoltre non ci interessa andare a finanziare la struttura organizzativa. Ci interessa dare maggiore valore, anche finanziariamente parlando, al progetto e all’impatto concreto che questo avrà sui beneficiari e sul territorio. Noi vogliamo dei partner con cui lavorare e non dei ricevitori di finanze.
Raccontateci, se vi è mai capitato, di un progetto che avreste voluto supportare ma non vi è stato possibile: quali caratteristiche aveva?
Proposte interessanti ce ne sono arrivate tantissime ma avendo un modus operandi particolare abbiamo dei criteri di selezione del partner molto i stringenti. Rimangono comunque un patrimonio di conoscenza prezioso con le realtà con cui entriamo in contatto, con le quali in futuro potranno essere riattivate collaborazioni.
COVID e Futuro
Rapporto con il COVID: come ha cambiato il vostro mindset? Cosa avete visto di diverso nel rapporto con gli enti e con i progetti?
Essendo nati in un anno particolare, abbiamo sin da subito dovuto far fronte all’emergenza sanitaria. Abbiamo quindi attivato dei progetti d’intervento ad esempio con l’Ospedale Buzzi, con cui abbiamo costruito una risposta per l’immediata emergenza sanitaria ma anche per “guardare avanti”, supportando la ristrutturazione, il riammodernamento tecnologico e il potenziamento delle competenze a disposizione del reparto di otorinolaringoiatria. Dopodiché è stato interessante attivare l’iniziativa con la comunità di Sant’Egidio che si era presentata a noi con una richiesta inizialmente erogativa. Intorno a questa richiesta, valutata sulla base delle caratteristiche di fattibilità individuate dalla nostra Fondazione, abbiamo costruito insieme delle iniziative più ampio respiro, che fossero anche più nelle nostre corde. È stato quindi molto interessante vedere come, anche il mindset dell’organizzazione si è pian piano modificato nel costruire una relazione in un’ottica di co-progettazione con noi.
Daniele Lodola – Amplifon Foundation Manager – e Maria Cristina Ferradini – Direttrice Fondazione Amplifon
Fondazione Amplifon opera affinché ciascuno raggiunga il proprio potenziale nella vita, attraverso l’inclusione sociale. Consolida l’impegno sociale di Amplifon verso la comunità e verso i propri stakeholder e rende concreto l’empowering people della sua purpose.