Collaborare, mettere nello stesso posto persone e realtà diverse a lavorare per il raggiungimento dello stesso obiettivo, è un’operazione facile solo sulla carta. La realtà è sempre più complessa di quanto noi riusciamo a codificarla.
Progettare e strutturare una collaborazione a priori aiuta a codificare ruoli, responsabilità, rischi e ricompense. Aiuta a massimizzare la trasparenza e la responsabilità, e a delineare come verranno risolti i conflitti. Non ci sono regole che vanno bene in tutti i casi, ma ci sono una paio di accorgimenti che è indispensabile attuare, per la buona riuscita di una collaborazione con un donatore istituzionale (azienda, fondazione, Pubblica Amministrazione).
Metti tutto per iscritto
Carta canta. Lo sappiamo da sempre, e questa cosa è ancora più vera quando si tratta di partnership. La documentazione sarà il luogo a cui fare riferimento quando ci si troverà a dover recuperare la roadmap stabilita perché, ad esempio, le condizioni sono cambiate. Oppure quando sarà necessario far sì che la relazione non si incrini perché – magari – sono accadute cose che non erano previste al momento dell’accordo. Questo passaggio non assicura di riuscire ad evitare controversie con i partner con cui si collabora, tuttavia un accordo formale per iscritto attenua i rischi coinvolti e fornisce rimedi legali in caso di necessità: banalmente, condividere le regole sull’utilizzo dei loghi di tutti i partner è importante per allineare la comunicazione fin da subito.
Coinvolgi le figure professionali giuste
Fondamentale anche consultare un avvocato nelle fasi formative della collaborazione; anche se si tratta di colleghi, amici, persone che si conoscono da anni. Ogni collaborazione è diversa e ha diversi livelli di rischi. Questo è ancora più fondamentale per quei progetti che mirano a sviluppare coalizioni comunitarie su scala internazionale, o per creare nuove iniziative da zero. Un professionista competente aiuterà a dipanare alcuni nodi nella matassa, come per esempio:
- A chi verranno attestati i risultati ottenuti a livello di immagine?
- Chi possiede la proprietà intellettuale che viene sviluppata come risultato?
- Come ci assicuriamo che i partner collaborativi e gli altri stakeholder della comunità siano adeguatamente riconosciuti ed equamente compensati per i loro contributi al successo dell’iniziativa?
Dichiara i tuoi limiti
Non è obbligatorio fare tutto quello che un partner desidera: una relazione con un donatore istituzionale, sia che nasca spontanea da una presentazione informale, sia che venga strutturata in modo più formale, deve avere dei confini. A dettare questi limiti sono le linee guida che l’ente si è dato nella gestione delle partnership ma anche ciò che può intercorrere durante la relazione: si può decidere di far conoscere a tutta la community la collaborazione attivata con una determinata azienda attraverso la newsletter mensile ma di non affiggere alcuna targa fuori dalla sede con il logo del sostenitore, ad esempio. Una buona gestione di una partnership passa anche dalla condivisione di ciò che può essere creato insieme e di come viene comunicato all’esterno.
Chi trova un partner trova un tesoro: potrebbe essere questo il nuovo mantra del Terzo Settore. Ma per fare in modo che la collaborazione prosegua al meglio e senza intoppi, è utile ricordarsi di regolamentare in maniera più o meno formale tutto ciò che a questa relazione compete: investimenti, oneri e onori.